giovedì 31 maggio 2012

Campagna contro l'obiezione di coscienza in sanità

CONSULTA DI BIOETICA ONLUS Nel dibattito sull’obiezione di coscienza non viene quasi mai messo in discussione il principio che gli operatori sanitari possano rivendicare un diritto all’obiezione di coscienza. La premessa è che una società liberale deve mettere i propri cittadini nella condizione di vivere fedelmente ai propri valori e di veder rispettata la propria autonomia. La conseguenza è che un medico che non riconosce l’accettabilità morale dell’interruzione di gravidanza dovrebbe avere sempre il diritto di non praticarla. Tuttavia questa posizione non è affatto l’unica possibile per una società liberal-democratica.
È giusto, infatti, mettere l’accento sul valore dell’autonomia e sostenere che autonomia e integrità rappresentano valori irrinunciabili e però non dobbiamo dimenticare che una società liberal-democratica è anche impegnata nella promozione del benessere generale e nella tutela dei diritti fondamentali dei singoli cittadini (ad es. cura e salute) e che, di conseguenza, lo stato può avere interesse a limitare gli spazi di scelta dei singoli all’interno delle professioni e, in particolari, di quelle sanitarie. È ovvio che lo scenario ideale sarebbe quello di trovare una soluzione che permetta di conciliare il diritto alla salute e l’autonomia del paziente con quella del medico: la libertà della donna di decidere se continuare o no la gravidanza con la libertà del medico di decidere se partecipare o no all’interruzione di gravidanza. Questa sarebbe la soluzione migliore perché ogni attore avrebbe la possibilità di soddisfare le sue rivendicazioni e nessuno sarebbe sottoposto a restrizioni della sua libertà. Peccato che dobbiamo prendere atto che questa soluzione non è raggiungibile! Secondo alcuni per conciliare le diverse pretese basterebbe che i medici obiettori si impegnassero a segnalare alla donna il medico non obiettore più vicino (quello, cioè, che potrebbe praticare l’intervento abortivo al loro posto); secondo altri, invece, sarebbe sufficiente che le strutture sanitarie incentivassero il personale non obiettore o, se necessario, richiedessero personale ad altre strutture. Ora non c’è bisogno di soffermarsi sulla difficoltà di immaginare un medico obiettore, veramente convinto che l’interruzione di gravidanza sia un omicidio, che consiglia ad una donna che cerca un medico non obiettore dove andare e a chi rivolgersi. Per altro, anche nel caso in cui un medico obiettore volesse aiutare la donna che intende interrompere la gravidanza a trovare un medico non obiettore ci sarebbe, comunque, sempre un disagio gravissimo per quelle donne che si trovano a vivere in una regione o in un comune dove i medici obiettori sono la maggioranza. Non è pensabile poi che il problema dell’obiezione di coscienza possa essere veramente risolto con una gestione più oculata ed attenta delle strutture ospedaliere e sanitarie. Se così fosse il problema sarebbe stato già risolto: non si considera che le stesse direzioni sanitarie che dovrebbero risolvere il problema a vantaggio dei cittadini potrebbero avere interesse a non garantire alle donne gli interventi abortivi. Quando pertanto si discute di obiezione di coscienza si deve prendere atto che qualsiasi tentativo di conciliare le diverse pretese in gioco può cadere vittima dell’illusione che in qualsiasi situazione sia possibile trovare soluzioni pratiche che permettono la coesistenza di principi, di posizioni o di valori diversi all’interno di sistemi normativi articolati, a volte eleganti, ma comunque quasi sempre molto coerenti. In merito all’obiezione di coscienza, soprattutto in relazione all’interruzione di gravidanza, si deve scegliere se tutelare e preservare l’autonomia del professionista oppure promuovere la libertà e l’autonomia dei pazienti e indirettamente il benessere generale. Entrambe le cose sono importanti ma noi riteniamo che la salute e il benessere delle donne debbano prevalere in caso di conflitto sull’autonomia dell’operatore e che il medico non possa mai abbandonare chi ha bisogno di aiuto. È per questa ragione che abbiamo deciso di promuovere una Campagna contro l’obiezione di coscienza con l’obiettivo, da una parte, di incoraggiare un dibattito pubblico sulla legittimità del diritto all’obiezione di coscienza a più di trent’anni dall’approvazione della legge sull’aborto e, dall’altra, di far emergere che il buon medico non è il medico che obietta ma quello che sta vicino alle donne e non le lascia sole. In occasione del lancio della Campagna che avverrà a Firenze il 6 giugno al termine di un Convegno organizzato dalla sezione di Firenze della Consulta di Bioetica ci saranno in molte città diverse iniziative promosse dalla Consulta e da altre associazioni. Invitiamo tutti a partecipare e di organizzare altri eventi a sostegno della Campagna: per informazioni sugli eventi e per aderire alla Campagna potete scrivere a consultaromanadibioetica@gmail.com o contattare la segreteria della Consulta di Bioetica. CONSULTA DI BIOETICA ONLUS

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