giovedì 22 settembre 2016

“Fertility day. Addaveru sta dici?”


“Fertility day. Addaveru sta dici?” 
una campagna di comunicazione contro il fertility day in dialetto

Sei cartoline colorate con frasi in dialetto e una vuota. Sei frasi, con cui la Casa delle donne di Lecce, L.e.A. – Liberamente e Apertamente e Kore Salento, dicono no al “Piano nazionale per la fertilità ed una cartolina vuota da riempire a piacimento. Un  invito forte ma ironico ed un invito alla riflessione pubblica nel giorno istituito come fertility day.
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A questa campagna offensiva, che mira a contrastare gli effetti della liberazione femminile, abbiamo voluto rispondere con forza ma anche con molta ironia, attraverso sei frasi in dialetto, in contrasto con l'inglesismo utilizzato nella campagna ministeriale, che intendono mettere in discussione i contenuti del “Piano nazionale per la fertilità”. 
La scelta del dialetto intende caratterizzare maggiormente un messaggio, che si vuole calare nella realtà salentina, invitando tutte e tutti ad una riflessione pubblica sul significato simbolico e culturale di questa iniziativa ministeriale.
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Crediamo che ben altra competenza analitica e sensibilità politica erano richieste al governo e alla  ministra, per misurarsi col nodo della natalità, in cui si intrecciano una complessità di fattori poco rintracciabili nel progetto ministeriale.
Due sono quelli che ci sembrano più rilevanti: da un lato, l’assunto ormai storicamente consolidato che la maternità non rappresenti più il naturale destino della donna, ovvero la fonte primaria della sua realizzazione; il che comporta un cambiamento della cultura della natalità non più affidata  ad un processo naturalistico, ma al sistema delle scelte individuali.
Il concetto di maternità, sotto questo aspetto, si inserisce nel trend evolutivo sociale, riflettendone i mutamenti  che ne dilatano il significato. Risulta, perciò, del tutto illusoria la pressione governativa al fine di invertire il calo delle nascite che rimanda a processi oggettivi e soggettivi profondi.
Dall’altro lato, nella sfera della riproduzione, come già accennato, si ripercuotono e si mescolano i diversi fattori legati sia ai cambiamenti culturali-simbolici quali, il diverso rapporto col proprio corpo, il rifiuto della trappola dell’orologio biologico, differenti aspettative di vita e, soprattutto, l’affermazione di una diversa politica del desiderio, sia quelli di  natura economico-sociale come l’utilizzo delle  risorse, la precarizzazione del lavoro, la crescita delle disuguaglianze sociali, l’erosione progressiva dei diritti.
La  pretesa di intaccare lo spazio privato prevaricando la libera scelta di fare o non fare figli, se non di impedire la possibilità di averne a chi li desidera, con una inammissibile discriminazione lesiva dell’uguaglianza dei diritti, come nel caso delle coppie omosessuali, svela il volto  di una politica post-moderna poco incline al pluralismo e alla laicità dei diritti e fortemente subordinata agli  imperativi di sistema e alle urgenze del globalismo.
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Un’iniziativa, quella ministeriale, che reca in sé il marchio di una cultura regressiva e illiberale, che ha in sé il grave demerito di palesare un forte disconoscimento della libertà femminile e del principio dell’autodeterminazione della donna proprio sul fronte strategico della maternità consapevole.
Su questo tema si sono giocati sul piano interno ed internazionale decenni di riflessione critica, di lotte e conquiste dei movimenti delle donne, per l’emancipazione e liberazione dalla soggezione di genere e su cui è maturata la piena autoconsapevolezza della soggettività femminile.
La logica che presiede al piano nazionale sulla fertilità sottende un modello di governo della vita pubblica di stampo integralistico e a tratti pre-moderno, in cui è lo Stato a dettare i comportamenti dei cittadini non riconoscendone la titolarità decisionale. Dopo l’esperienza  novecentesca dei totalitarismi, appare ancora più scioccante il ricorso al dirigismo burocratico delle ingiunzioni dall’alto, specialmente intorno a problematiche che per un verso attengono alla sfera intangibile della libertà personale e per l’altro evocano tutt’altra maniera di intendere i criteri della responsabilità collettiva e sociale ai fini della promozione della crescita demografica.
Per tutte queste ragioni gridiamo forte il nostro no al fertility day ed al piano sanitario per la fertilità.


Casa delle Donne Lecce, L.e.A. – Liberamente e Apertamente e Kore Salento